Il grande attore francese, interprete di film quali “Delitto in pieno sole” di Réne Clement, “Rocco e i suoi fratelli” e Il Gattopardo” di Luchino Visconti, “L’eclisse” di Michelangelo Antonioni, “Colpo grosso al casinò” e “Il clan dei siciliani” di Henri Verneuil, “Frank Costello faccia d’angelo” di Jean-Pierre Melville, “Borsalino” di Jacques Deray, “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini, “Tony Arzenta” e “Zorro” di Duccio Tessari, “Mr Klein” di Joseph Losey e molti altri ha compiuto 85 anni.
Nato a Sceaux Seine nel novembre 1935, Alain Fabien Maurice Marcel Delon – meglio noto come Alain Delon -, alternando nel corso della sua intera carriera il cinema d’autore a quello commerciale, si è imposto sulla scena internazionale negli anni Sessanta e Settanta. Lo sguardo freddo e cinico, in contrasto con il suo volto angelico, lo ha reso anche interprete ideale dell’antieroe noir di film polizieschi diretti da registi quali Jean-Pierre Melville e Jacques Deray.
Dopo aver partecipato alla campagna d’Indocina nella Marina militare francese, il giovane Delon comincia a frequentare l’ambiente degli intellettuali parigini ed il mondo dello spettacolo, recitando in alcune pièces teatrali, finché la sua duttilità nell’affrontare ruoli anche modesti viene notata da alcuni produttori.
È così che, per il giallo Plein soleil (Delitto in pieno sole, 1960) di René Clément, ispirato ad un romanzo di P. Highsmith, l’attore, inizialmente ingaggiato per un ruolo secondario, ottiene invece quella del protagonista, il subdolo Ripley, che uccide un giovane miliardario per assumerne l’identità. Il film ha un buon successo e rappresenta per un trampolino di lancio, proponendo per la prima volta quel personaggio controverso a lui molto congeniale.
Tuttavia, sarà Luchino Visconti a permettergli di far affiorare una complessità interpretativa, che lo impone all’attenzione del pubblico e della critica dirigendolo in Rocco e i suoi fratelli (1960), opera in cui lo spirito neorealista si fonde con le cadenze del melodramma. Delon rende perfettamente l’introversa malinconia del giovane protagonista, un lucano emigrato a Milano, proletario dall’animo nobile, ma destinato, per via della sua eccessiva mitezza, a risultare un perdente.
Il film favorisce l’inizio di una sua carriera italiana. Michelangelo Antonioni lo chiama per L’eclisse (1962), facendogli interpretare un dinamico ed arrivista agente di borsa.
L’anno seguente Visconti lo scrittura per Il Gattopardo (1963), tratto dal libro omonimo (Premio Strega 1959) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Delon, lavorando con Burt Lancaster, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Romolo Valli, Serge Reggiani, Lucilla Morlacchi, Giuliano Gemma e Mario Girotti (il futuro Terence Hill), interpretata il ruolo di Tancredi, nipote del principe di Salina (interpretato da B. Lancaster) giocando su un’esuberanza vitalistica di tipo stendhaliano, valorizzata dalla lettura chiaroscurale e barocca del già citato romanzo di G. Tomasi di Lampedusa elaborata dal regista.
Nello stesso periodo, in Francia, è protagonista di un polar (il poliziesco francese) di grande successo commerciale, ovverosia Mélodie en sous-sol (Colpo grosso al casinò, 1963) di Henri Verneuil, in cui lavora per la prima volta con il più grande attore francese della generazione precedente alla sua, Jean Gabin (1904-1976), interpretando un giovane ed impulsivo truffatore.
Agli occhi del pubblico l’immagine dell’attore, verso la fine degli anni Sessanta, diventa emblematica dei personaggi amorali e privi di scrupoli protagonisti di alcuni polizieschi francesi. Sulla sua maschera ambigua maschera il regista Jean-Pierre Melville costruisce la figura del dolente killer di Le samouraï (Frank Costello faccia d’angelo, 1967), noir di grande potenza espressiva.
In Borsalino (1970) di Jacques Deray, ha modo di confrontarsi con l’altro attore simbolo del cinema francese di quella generazione, ovverosia Jean-Paul Belmondo (classe 1933), lanciandosi in una gara di bravura nell’imprimere un piglio canagliesco alla recitazione in una commedia poliziesca che avrà successo in Francia ed in tutt’Europa.
Gli anni Settanta sono contraddistinti da ruoli sempre più connessi al polar, con qualche altra digressione nel cinema d’autore (sostituisce Marcello Mastroianni in La prima notte di quiete – 1972 – di Valerio Zurlini, e contribuisce a rendere memorabile la torbida e romantica figura del protagonista, un disilluso maestro che riflette i dubbi e le contraddizioni di una generazione).
Anche nel kafkiano Mr. Klein (1976) di Joseph Losey, interpreta un personaggio tragico e sfuggente, l’usuraio perseguitato dall’idea di un altro se stesso negli anni bui dell’occupazione nazista a Parigi.
Negli anni Ottanta la sua carriera registra una leggera battuta d’arresto. È infatti il protagonista di polizieschi e thriller di minore interesse, cercando di rilanciarsi come produttore e regista con Pour la peau d’un flic (Per la pelle di un poliziotto, 1981) o Le battant (Braccato, 1983), e occupandosi anche di televisione.
Torna al cinema francese d’autore come protagonista – enigmaticamente autoironico – in Nouvelle vague (1990) di Jean-Luc Godard. Il suo appeal appare poi leggermente appannato nel rendere l’invecchiato Casanova di Le retour de Casanova (Il ritorno di Casanova, 1992) di Edouard Niermans, tratto dal racconto di Arthur Schnitzler.
In seguito torna a recitare in due polizieschi di Jacques Deray (Un crime – 1993 – e L’ours en peluche – 1994), e, qualche anno dopo, interpreta se stesso nell’ironica sarabanda sugli attori francesi Les acteurs (2000) di Bertrand Blier.
Nel 2001, nella miniserie tv Fabio Montale, è l’omonimo personaggio creato da J.-C. Izzo.
Fra gli altri film ricordiamo Godot (1957) di Yves Allegret, Christine (1958) di Pierre Gaspard-Huit, Furore di vivere (1959) di Michel Boisrond, Che gioia vivere (1961), Crisantemi per un delitto (1964) e Parigi brucia? (1966) di René Clément, e Tentazioni quotidiane (1962) e Diabolicamente tua (1967) di Julien Duvivier, Il tulipano nero (1964) di Christian-Jaque, Il ribelle di Algeri (1964) di Alain Cavalier, Una Rolls Royce gialla (1964) di Anthony Asquith, L’ultimo omicidio (1965) di Ralph Nelson, Né onore né gloria (1966) di Mark Robson, con Anthony Quinn, George Segal e Claudia Cardinale, Texas oltre il fiume (1966) di Mark Gordon, I tre avventurieri (1967) di Robert Enrico, William Wilson (1968) di Louis Malle, episodio di Tre passi nel delirio (Gli altri due, Toby Dammit e Metzengerstein, vengono diretti rispettivamente da Federico Fellini e Roger Vadim), Due sporche carogne – Tecnica di una rapina (1968) e Addio, Jeff! (1969) di Jean Herman, La piscina (1969), L’uomo di Saint Michel (1971), Borsalino and Co (1975) e Flic Story (1975), La gang del parigino (1977) e Tre uomini da abbattere (1980) di Jacques Deray, Il clan dei siciliani (1969) di Henri Verneuil, con Jean Gabin, Claudia Cardinale e Lino Ventura, I senza nome (1970) e Notte sulla città (1972) di Jean-Pierre Melville, Sole rosso (1971) di Terence Young, con Charles Bronson e Toshiro Mifune, L’evaso (1971), L’arrivista (1974) e Histoire d’amour (1979) di Pierre Granier-Deferre, L’assassinio di Trotsky (1972) di Joseph Losey, L’uomo che uccideva a sangue freddo (1973) e Quel giorno il mondo tremerà (1977) di Alain Jessua, Scorpio (1973) di Michael Winner, con Burt Lancaster, La mia legge (1973) di Jean Chapot, Tony Arzenta (1973) e Zorro (1975) di Duccio Tessari, Due contro la città (1973), Lo zingaro (1975) e Il figlio del gangster (1976) di José Giovanni, Esecutore oltre la legge (1974) e Morte di una carogna (1977) di Georges Lautner, L’ultimo giorno d’amore (1977) di Edouard Molinaro, Lo sconosciuto (1978) di Serge Leroy, Airport ’80 (1980) di David Lowell Rich.
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