Auguri a Charlotte Rampling

La grande attrice britannica, interprete di film quali “La caduta degli dei” di Luchino Visconti, “Zardoz” di John Boorman, “Il portiere...

Charlotte Rampling in "L'orca assassina" di Michael Anderson

La grande attrice britannica, interprete di film quali “La caduta degli dei” di Luchino Visconti, “Zardoz” di John Boorman, “Il portiere di notte” di Liliana Cavani, “Marlowe, il poliziotto privato” di Dick Richards, “L’orca assassina” di Michael Anderson, “Stardust Memories” di Woody Allen, “Il verdetto” di Sidney Lumet e molti altri, spegne settantacinque candeline

Nata a Sturmer – in Inghilterra – nel 1946, figlia della pittrice Anne Gurteen e di Godfrey Rampling (ex velocista premiato alle Olimpiadi di Los Angeles del ’32 e Berlino del ’36, colonnello dell’esercito e futuro comandante NATO), trascorre l’infanzia fra la Francia e l’Inghilterra e termina le scuole superiori a Londra.

Nel frattempo, giovanissima, con sua sorella Sarah, si esibisce nei pub in piccoli show canori. Frequenta per breve tempo l’Università di Madrid, ma abbandona gli studi per unirsi a una band canadese, in cui canta e suona la chitarra.

Nel ’64 comincia l’attività di modella e indossatrice.

Esordisce al cinema l’anno seguente in un piccolo ruolo in Non tutti ce l’hanno (1965) di Richard Lester (vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes). Viene notata da Roman Polanski, il quale intuisce le sue qualità recitative e la vorrebbe in Cul-de-sac (1966), ma lei ha già firmato un contratto per Otto facce di bronzo (1966) di John Boulting ed è costretta a rinunciare (il ruolo andrà a Jacqueline Bisset).

Nel ’68, a ventidue anni, lavora per la prima volta in Italia in un piccolo ruolo in La caduta degli dei (1969) di Luchino Visconti, il quale, nonostante la differenza d’età fra l’attrice e il personaggio che avrebbe dovuto interpretare, le affida il ruolo di una madre trentasettenne che viene deportata in un campo di concentramento insieme ai suoi due bambini.

Nei sei/sette anni successivi lavorerà altre volte in Italia, in film quali Addio fratello crudele (1971) di Giuseppe Patroni Griffi, Giordano Bruno (1973) di Giuliano Montaldo, con Gian Maria Volonté, Yuppi du (1975) di e con Adriano Celentano, ma soprattutto Il portiere di notte (1974) di Liliana Cavani, film che segna la sua consacrazione a livello internazionale e in cui, come nel già citato La caduta degli dei, interpreta il ruolo di un’ebrea perseguitata durante il nazismo. La sua immagine con il berretto lucido da ufficiale delle Schutzstaffeln, lunghi guanti di pelle nera e bretelle fa il giro del mondo, ma lei rifiuterà l’improvvisa popolarità venuta da quella parte temendo di rimanere intrappolata in ruoli analoghi.

Negli anni Settanta e Ottanta interpreta numerosi altri film di rilievo, fra cui Zardoz (1973) di John Boorman, con Sean Connery, la diabolica “dark lady” a cui Robert Mitchum dà la caccia in Marlowe, il poliziotto privato (1975) di Dick Richards, terza versione cinematografica – dopo The Falcon Takes Over (1942) e L’ombra del passato (1945) di Edward Dmytryk – del romanzo Addio, mia amata (1940) di Raymond Chandler, l’etologa in L’orca assassina (1977) di Michael Anderson, con Richard Harris e Will Sampson, Stardust Memories (1980) di e con Woody Allen, l’affascinante ed ambigua doppiogiochista di Il verdetto (1982) di Sidney Lumet, tratto dal libro omonimo di Barry Reed, interpretato da Paul Newman, James Mason e Jack Warden e considerato – insieme a La parola ai giurati di S. Lumet, Testimone d’accusa di Billy Wilder, Anatomia di un omicidio di Otto Preminger, Vincitori e vinti di Stanley Kramer, il bellissimo Il buio oltre la siepe di Robert Mulligan, tratto dal libro omonimo – Premio Pulitzer – di Harper Lee – come uno fra i migliori courtroom dramas americani mai realizzati.

Negli anni Novanta recita soprattutto in televisione per poi tornare al grande schermo a partire dal 2000.

Fra i suoi film degli ultimi quindici/vent’anni ricordiamo Sotto la sabbia (2000) e Swimming Pool (2003), di François Ozon, con cui ottiene varie nominations a premi come il César e l’European Film Award (nel 2003 lo vince), Spy Game (2001) di Tony Scott, con Robert Redford e Brad Pitt, Le chiavi di casa (2004) di Gianni Amelio, tratto liberamente dal libro di Giuseppe Pontiggia Nati due volte (2000) ed interpretato da Kim Rossi Stuart e Pierfrancesco Favino, Verso il Sud (2005) di Laurent Cantet, Angel – La vita, il romanzo (2007) di F. Ozon, La duchessa (2008) di Saul Dibb, con Keira Knightley e Ralph Fiennes, Melancholia (2011) di Lars von Trier, con Charlotte Gainsbourg, Kirsten Dunst e Kiefer Sutherland, Treno di notte per Lisbona (2013) di Billie August, tratto dal libro omonimo (2004) di Pascal Mercier ed interpretato da Jeremy Irons, Giovane e bella (2013) di F. Ozon, Tutto parla di te (2013) di Alina Marazzi.

Nel 2013 interpreta anche il ruolo della neuropsichiatra Evelyn Vogel nella serie tv americana Dexter.

Due anni dopo vince l’Orso d’Argento come Miglior Attrice al Festival di Berlino con 45 anni (2015) di Andrew Haigh, con Tom Courtenay. Il film, che narra di una crisi coniugale dopo quarantacinque anni di matrimonio, è un successo di critica che permette a C. Rampling ad esser candidata a premi importanti: agli European Film Awards 2015 vince il secondo premio come Miglior Attrice Europea ed il Premio alla Carriera. Inoltre, per lo stesso film, ha ottenuto una Nomination agli Oscar 2016 come Miglior Attrice Protagonista.

Nel 2016 interpreta Assassin’s Creed di Justin Kurzel, che si svolge nel mondo dei videogiochi.

L’anno seguente è protagonista nel film drammatico L’altra metà della storia (2017) di Ritesh Batra, tratto dal romanzo Il senso di una fine (2011) di Julian Barnes -, e in Hannah di Andrea Pallaoro, film con cui vince la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia come Miglior Interprete Femminile.

In epoche più recenti è apparsa in Euphoria (2017) di Lisa Langseth, Red Sparrow di Francis Lawrence, adattamento del libro Nome in codice: Diva (2013) dell’ex agente Cia Jason Matthews, L’ospite (2018) di Lenny Abrahamson, Last Words (2020) di Jonathan Nossiter e Dune (2020) di Denis Villeneuve, film di fantascienza tratto dal romanzo omonimo  di Frank Herbert, primo capitolo del Ciclo di Dune – già portato al cinema con il film di David Lynch del 1984 e in televisione con le miniserie Dune-Il destino dell’universo (2000) e I figli di Dune (2003).

Il film, le cui riprese sono terminate nel 2019, è stato presentato nel 2020 su vari social. Dopodiché, in seguito alla chiusura dei cinema causata dall’emergenza sanitaria connessa alla pandemia covid-19, la sua uscita è stata rinviata all’autunno 2021.

Alessandro Poggiani

Alessandro Poggiani

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da vent'anni circa, ha lavorato come battitore per libri, saggi ed articoli, e come segretario di produzione per un docufilm su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore, con la Dino Audino editore e con AGR. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e fotografo in occasione di incontri, dibattiti, presentazioni di libri, fiere librarie, vernissages e spettacoli teatrali.