Prima mostra personale di Benedetta Montini, alla galleria il museo del louvre di Roma in occasione dell’ apertura di un nuovo spazio dedicato alla fotografia.
Prima mostra personale di Benedetta Montini, alla galleria il museo del louvre di Roma in occasione dell’ apertura di un nuovo spazio dedicato alla fotografia. Durante i lavori di ristrutturazione del locale sotterraneo, in accordo con il gallerista decide di realizzare degli autoscatti in ambiente, per documentarne le trasformazioni. Così nascono i 23 autoscatti ospiti di uno spazio angusto , saturo di calcinacci e detriti, illuminato solo da due neon appoggiati alle pareti , luogo non finito quindi denso di possibilità .L’ artista procede in un gioco-lotta con il controluce dei neon, uno sforzo del corpo di superare la clausura dell’ambiente sotterraneo che assorbe il gesto, satura la campitura fotografica limitandone l’ impresa . L’artista intende fare un omaggio alla fotografa americana Francesca Woodman utilizzando il linguaggio dell’ autoscatto ma sottraendone la luce naturale , elemento chiave degli scatti della Woodman, per lavorare sul concetto scultoreo del “non finito” in Michelangelo. Benedetta Montini tenta una traduzione in fotografia della parzialità scultorea, utilizzando una scrittura limitata dal controluce, dal buio dell’ambiente dove il corpo tenta innumerevoli sforzi, slanci, super-azioni, per definire il concetto di CARO CAPAX DEI: “la carne è capace di Dio” . Il corpo si mostra accidentato dal buio e la carne riemerge solo dove è bagnata dalla luce, e obbliga l’osservatore ad un lavoro percettivo di conclusione dell’immagine. Nell’ epoca del fotoritocco e dell’ esaltazione plastica dei corpi, l’artista mortifica il tecnicismo fotografico con le condizioni ambientali per sfuggire a un approccio voieristico del nudo e ridefinire il concetto di corpo come carne capace di Dio.