Con la selezione di 30 artisti, 60 opere e 4 installazioni site specific apre il 22 settembre (sino al 29 gennaio) presso il Maxxi di Roma la mostra “Indian Highway”.
Esposta per la prima volta presso la Serpentine Gallery di Londra nel 2009, giunge a Roma dopo aver toccato prestigiose sedi internazionali per arrivare a New Delhi nel 2013.
Con la selezione di 30 artisti, 60 opere e 4 installazioni site specific apre il 22 settembre (sino al 29 gennaio) presso il Maxxi di Roma la mostra “Indian Highway”.
Esposta per la prima volta presso la Serpentine Gallery di Londra nel 2009, giunge a Roma dopo aver toccato prestigiose sedi internazionali per arrivare a New Delhi nel 2013.
L’esposizione curata da Julia Peyton-Jones, Hans Ulrich Obrist, Gunnar B. Kvaran e Giulia Ferracci del Maxxi Arte, intende dare una prospettiva emblematica dell’India, partendo da un elemento propulsore di sviluppo come l’autostrada che permette lo spostamento dei flussi migratori dalle periferie alla città, esamina questioni complesse che includono ambientalismo, il settarismo religioso, la globalizzazione il genere e la sessualità. Ne viene fuori una sequenza della realtà sociale indiana dove il binomio identità e modernità diventa elemento fondante e la corsa verso lo sviluppo delle grandi metropoli si scontra con il degrado in cui ancora versano numerosi luoghi.
In mostra, uno scenario della giovane creatività artistica indiana contemporanea, unitamente alle opere di Maqbool Fida Husain (1915-2011) uno dei pittori indiani considerati tra i più celebri della seconda metà del Novecento. Morto qualche mese fa, era stato costretto ad un esilio volontario quando gli integralisti avevano preso di mira delle sue opere in cui aveva dipinto delle divinità femminili indù nude. Definito il “Picasso Indiano”, le sue opere rappresentano una allegoria fondamentale della vita indiana in perenne contrasto tra tradizione e modernità.
Maila Marasco
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