OlioFest a Spazio5 ha celebrato l’eccellenza italiana proponendo la guida del Gambero Rosso, il dop Chiusa dell’Annunziata, il “filo d’olio” di Simonetta Agnello Hornby, i quadri di Carlo Riccardi e il tesoro dell’archivio fotografico.
Aria di casa. Aria di sapori unici. Il richiamo dell’olio provoca tante suggestioni. Ed esercita un richiamo inarrestabile. Sono in tanti a restare fuori la galleria Spazio5 in occasione di OlioFest. La serata in cui un patrimonio ineguagliabile italiano come l’olio è stato visto sotto diverse angolazioni artistiche. Ci sono i libri, c’è la recitazione, ci sono i quadri, ci sono le fotografie. E c’è lui l’olio con il suo profumo, grande protagonista della cultura gastronomica e non solo gastronomica dell’Italia.
A OlioFest, iniziativa concepita dal fotografo Maurizio Riccardi, creatore di Agrpress, nello Spazio5 di via Crescenzio 99/d a Roma, Stefano Polacchi ha presentato la guida “Oli d’Italia” pubblicata dal Gambero Rosso. Maria Grazia Caiafa ha fatto gustare l’olio dop Chiusa dell’Annunziata. Lisa De Leonardis, della compagnia teatrale ArtLab, ha letto brani di “Un filo d’olio” di Simonetta Agnello Hornby, edito dalla Sellerio, accompagnata dalla chitarra di Massimiliano Buono. I quadri di Carlo Riccardi, dipinti eccezionalmente per l’occasione, hanno proiettato in atmosfere ricche di fascino. Mentre le foto in bianco e nero selezionate dall’archivio, un vero tesoro, hanno documentato i paesaggi e la raccolta delle olive negli anni cinquanta.
OlioFest è stato dunque un percorso nell’eccellenza italiana. L’eccellenza di un’arte tradizionale quale la produzione di olio, un vanto dell’Italia. L’eccellenza del saper vivere di cui “Oli d’Italia” del Gambero Rosso è una testimonianza documentata e rigorosa. L’olio della Caiafa di San Severo, in Puglia, racchiude in sé il Sud fatto di odori e colori forti, i suoi sapori autentici, la sua gente semplice ma forte. La calda voce di Lisa De Leonardis (che ha anche cantato alcuni brani tradizionali) ha condotto nel mondo dei ricordi e delle emozioni di Simonetta Agnello Hornby con le avventure infantili nell’uliveto e le prime esperienze in cucina.
A OlioFest Stefano Polacchi ha illustrato dunque nomi e criteri della selezione degli oli effettuata dagli assaggiatori professionisti del Gambero Rosso. Regione per regione le schede descrivono le produzioni ma anche le storie che le esprimono. Storie che sono una grande ricchezza. Un grande patrimonio del Bel Paese.
Maria Grazia Caiafa ha spiegato che il termine “chiusa” nell’idioma sanseverese si perde nella notte dei tempi, forse importato dalle zone dove le città erano fortificate e laddove la coltivazione dell’ulivo avveniva all’interno delle cinte murarie o nei pressi dell’abitato, protetto da mura. Da questo caratteristico sistema di coltivazione deriva il termine “clausura”, poi diventato “chiusura” e “chiusa” ancora oggi utilizzato in questa zona della Puglia per designare una superficie olivata. Nel diciottesimo secolo questo termine è spesso utilizzato nelle carte della Capitanata in merito a cure colturali effettuate negli oliveti: “per zappatura, lavoratura e potatura della chiusa”; o anche per il ripristino delle opere murarie: “per risarcire il muro caduto d’una chiusa”.
E, mentre a OlioFest ideata da Maurizio Riccardi nello Spazio5 si è assaporato l’olio dop della Caiafa, sono risuonate le parole di Simonetta Agnello Hornby che descrive i “maestosi olivi saraceni diversi uno dall’ altro e appartenenti a tre antiche varietà: Biancolilla, Ogliare e Giarraffa” di Mosè, la storica casa di campagna della sua famiglia. Alcuni di questi olivi, si legge nel suo libro “avevano la chioma spampazzata ed enormi tronchi contorti – come sacchi ruvidi lavati, attorcigliati e lasciati ad asciugare al sole – che si curvavano sul terreno e sembravano lì per cadere”.
E così, indispensabile e irrinunciabile, seducente e gustoso, l’olio ha svelato tutto il suo carattere. Nello Spazio5.
G. Currado
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