Ne “La città incredibile” Giacomo Cacciatore porta il lettore lungo i corridoi di una città spesso dimenticata, dove alcuni cittadini si ritrovano “eroi” inconsapevolmente e loro malgrado.
La differenza fra un racconto e un romanzo non è qualitativo. Il racconto non è un romanzo più corto e di categoria inferiore, ma è semplicemente il concentrato di un romanzo. La caratteristica di un “racconto lungo” è quello di essere più largo di un racconto breve, non più lungo.
Sulla buona qualità di racconti ci sono esempi sia italiani sia stranieri. Racconti che partono da immagini, facendo riscoprire un mondo intero dietro una fotografia o un disegno, come quelli di Antonio Tabucchi “Racconti con figure”, o di quelli di Edgar Allan Poe, per andare nella letteratura straniera.
Giacomo Cacciatore nel suo ultimo libro “La città incredibile” raccoglie diciassette racconti, dei tanti prodotti nell’arco temporale di un decennio, e compone delle immagini che proiettano il lettore verso una maggiore consapevolezza dei luoghi, delle persone che li vivono e l’arroganza che può spezzare la “piccola” felicità di chi ne è vittima direttamente o indirettamente in quanto facente parte di una comunità.
I protagonisti de “La città incredibile” ci fanno conoscere una Palermo diversa, non quella patinata dei percorsi turistici o, contrariamente, dei pregiudizi stratificati negli anni. Sono personaggi tutti accomunati da un filo che li unisce: sotto un certo profilo sono tristi, ma anche molto ironici, spesso sono dei perdenti e uomini. Ma la cosa che maggiormente colpisce è il fatto che sono tutti uomini non appartenenti ad ambienti del potere o dello Stato. Oggi ci si imbatte spesso in protagonisti tutti uguali, spesso lontani dalla realtà e stereotipati, che non aiutano alla comprensione di ciò ci sta attorno veramente. “Non ci sono motivazioni coscienti in questa scelta – evidenzia Cacciatore – tranne una, la più importante, forse: mi identifico maggiormente con personaggi che si trovano di fronte a situazioni difficili che sembrano spingerli al di là delle loro forze e della loro capacità di comprensione. Per uscirne – ha continuato lo scrittore – i personaggi devono cambiare. Superare i loro pregiudizi, i limiti che derivano dalla loro esperienza di vita. Alcuni ci riescono e da uomini comuni hanno un’occasione di rivincita che può durare anche un attimo. Ma è sufficiente a cambiarli per sempre. Altri non ce la fanno, e restano uguali a se stessi, e convivono con la loro sconfitta. Anche il fatto che siano tutti uomini è stato un caso. Certo, mi riesce più facile identificarmi con personaggi maschili, ma in alcune occasioni ho raccontato di donne con risultati non disprezzabili. Quindi ribadisco: si è trattato di un caso.”
La “Città incredibile” si chiude con due racconti emotivamente toccanti, molto diversi da tutti gli altri. Storie di uomini che lottano contro l’arroganza usando la parola e il dialogo, anche questi strumenti che stiamo dimenticando a favore dell’imposizione in tutte le sue sfaccettature. Uomini che cercano di dimostrare come sia banale usare il male per colpire chi lavora e fa il proprio dovere. Negli ultimi due racconti sembra vedere simbolicamente lo scontro fra due civiltà che non si capiscono, ma vivono sul medesimo territorio, si tratta di “storie più legate alla realtà per controbilanciare alcuni racconti di taglio surreale e/o fantastico presenti nel libro. La nostra [Palermo ndr] – ha concluso Cacciatore – è una città che flirta poco col fantastico. Si finisce sempre col tornare con i “piedi per terra”. Così ho fatto io nella disposizione dei racconti.”
Antonio Marchetta