30 anni senza Ray Milland

Trent’anni fa, nel marzo 1986, moriva Ray Milland. Nato a Neath, in Inghilterra, nel gennaio del 1907, Reginald Truscott-Jones, vive l’infanzia e...

una scena di "Giorni perduti"
Ray Milland

Trent’anni fa, nel marzo 1986, moriva Ray Milland.

Nato a Neath, in Inghilterra, nel gennaio del 1907, Reginald Truscott-Jones, vive l’infanzia e la sua giovinezza nelle Midlands, regione da cui trarrà il suo nome d’arte.

Ex ufficiale della Guardia, esordisce al cinema alla fine degli anni Venti in piccole parti nei primissimi film sonori inglesi, fra cui la prima versione de Il traditore (1929). Nello stesso anno interpreta il suo primo ruolo da protagonista in The Lady from the Sea, dopo il quale si trasferisce a Hollywood, sotto contratto con la Metro Goldwyn Mayer, che gli affida ruoli secondari in numerosi film, fra i quali Payement Deferred (1932) di Lothar Mendes.

Dopo una nuova, breve,  parentesi britannica, nel 34 torna stabilmente a Hollywood e firma un contratto di sette anni con la Paramount, casa di produzione per cui lavorerà per circa vent’anni. Seguono ruoli da comprimario in film trascurabili, ed in varie in commedie, fino al successo ottenuto con Che bella vita (1937), di Mitchell Leisen, interpretato a fianco di Jean Arthur. Due anni dopo interpreta, insieme a Gary Cooper e Robert Preston, uno dei tre fratelli che si arruolano nella Legione Straniera in Beau Geste (1939) di William A. Wellman.

Nel ‘39 torna brevemente in Inghilterra per interpretare French Without Tears (1940) di Anthony Asquith, versione cinematografica dell’omonima commedia di Terence Rattigan, che gli fa ottenere ottimi consensi anche da parte della critica. Rientrato a Hollywood, è protagonista di Arrivederci in Francia (1940) di Mitchell Leisen, commedia romantica interpretata a fianco di Claudette Colbert, e, insieme a John Wayne, di Vento selvaggio (1942), di Cecil B. De Mille.

Nello stesso anno, Milland interpreta Frutto proibito, il primo film interamente diretto da Billy Wilder – già sceneggiatore di film quali L’ottava moglie di Barbablù di Ernst Lubitsch, Ninotchcka, anch’esso diretto da Ernst Lubitsch, il già citato Arrivederci in Francia, Colpo di fulmine di Howard Hawks -, vivace commedia con Ginger Rogers. Questa sua fortunata esperienza di lavoro con Billy Wilder farà sì che, tre anni dopo, il regista lo scegliesse come protagonista di Giorni perduti (1945), nel ruolo di uno scrittore alcolizzato in piena crisi. Nonostante l’argomento, secondo i canoni della Hollywodd dell’epoca, fosse decisamente delicato e poco commerciale il film otterrà un grosso successo di pubblico e di critica, e la solida interpretazione di Milland gli farà vincere un Oscar come Miglior Attore Protagonista, un Golden Globe, il premio di Miglior Attore al primo Festival di Cannes, e il premio dei critici cinematografici newyorkesi.  Nel frattempo, l’anno avanti, aveva offerto un’altra performance di altissimo livello in Prigioniero della paura (1944) di Fritz Lang

Dopo Giorni perduti acquista maggior prestigio e considerazione, anche se i film che gli vengono offerti spesso  sono di livello medio e non vengono diretti da registi di un certo calibro. Notevole eccezione è rappresentata da Il tempo si è fermato (1948) di John Farrow, in cui, insieme a Charles Laughton, in cui interpreta un reporter ingiustamente accusato di omicidio e “in corsa contro il tempo” per trovare il vero assassino. Dopo La spia (1952) di Russel Rouse, altra sua performance di alto livello, nel ’53 Milland abbandona la Paramount e trova subito interessanti ruoli in eccellenti film quali Il delitto perfetto (1954) di Alfred Hitchcock, in cui interpreta un avido e diabolico ex campione di tennis che ingaggia un sicario per tentare di uccidere sua moglie – interpretata da Grace Kelly nel primo fra i tre film in cui lavorerà con Hitchcock – e L’altalena di velluto rosso (1955), tratto da un noto caso di omicidio realmente avvenut.

Nello stesso anno Milland riesce anche a esordire alla regia dirigendo  e interpretando il western Gli ostaggi (1955), in cui, nel ruolo dei due antagonisti negativi troviamo anche un inquietante Raymond Burr pre-Perry Mason e un giovane  Lee Van Cleef un decennio prima che venisse in Italia per lavorare negli spaghetti western di Sergio Leone, Tonino Valerii, e altri. Nei sette anni successivi dirigerà altri tre film, fra i quali ricordiamo il fantascientifico Il giorno dopo la fine del mondo (1962), in cui affronta, due anni prima del celeberrimo Il Dottor Stranamore (1964) di Stanley Kubrick e di A prova di errore (1964) di Sidney Lumet, la delicata questione – molto attuale all’inizio degli anni Sessanta – del rischio di una guerra atomica fra Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica.

Nel biennio 1959-60 aveva lavorato per la prima volta in televisione interpretando il ruolo del detective Markham nei cinquantotto episodi dell’omonima serie televisiva.

Dopo aver lavorato in due horror diretti da Roger Corman – Sepolto vivo, 1962, e L’uomo dagli occhi a raggi X, 1963 -, a partire dalla metà degli anni Sessanta, lavorerà soprattutto a teatro e in televisione apparendo come “guest star” in numerosi telefilm per circa vent’anni, ma continuando a interpretare qualche ruolo cinematografico, come in Love Story (1970) di Arthur Hiller, in cui veste i panni del padre di Ryan O’Neal, Il segno del potere (1974) di Peter R. Hunt, il film Disney Incredibile viaggio verso l’ignoto (1975) di John Hough, Gli ultimi fuochi (1976) di Elia Kazan, La battaglia delle aquile (1976) di Jack Gold, Il gioco degli avvoltoi (1979) di James Fargo. Nel ’77 lavora anche in Italia ne La Ragazza dal pigiama giallo di Flavio Mogherini, interpretato da Dalila Di Lazzaro e Michele Placido.

Fra le sue apparizioni televisive ricordiamo il ruolo del marito della donna uccisa ne La trappola di Colombo (1971) e quello dell’assassino ne Il terzo proiettile (1972), entrambi episodi della serie Il tenente Colombo (1971-78) e la sua partecipazione a Delitto nei quartieri alti, episodio-pilota della nota serie Ellery Queen (1975-76) e tratto dal romanzo Il quarto lato del triangolo.  

Nel ‘74 pubblica Wide-Eyed in Babylon, la sua autobiografia.

Molto attivo anche in età avanzata, il suo ultimo film, La maschera della morte di Roy Ward Baker, è del 1984, due anni prima della sua scomparsa.

 

Alessandro Poggiani

Alessandro Poggiani

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da vent'anni circa, ha lavorato come battitore per libri, saggi ed articoli, e come segretario di produzione per un docufilm su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore, con la Dino Audino editore e con AGR. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e fotografo in occasione di incontri, dibattiti, presentazioni di libri, fiere librarie, vernissages e spettacoli teatrali.