Compie 103 anni domenica 22 aprile, il Nobel Rita Levi Montalcini. Sta bene, anche se esce meno, ed è ancora un modello per tanti giovani ricercatori, dei quali continua ad alimentare l’entusiasmo per il lavoro scientifico.
Compie 103 anni domenica 22 aprile, il Nobel Rita Levi Montalcini. Sta bene, anche se esce meno, ed è ancora un modello per tanti giovani ricercatori, dei quali continua ad alimentare l’entusiasmo per il lavoro scientifico.
Anche questa volta il Nobel dice di non voler festeggiare, ma i suoi collaboratori più vicini non hanno intenzione di ascoltarla e sono decisi a brindare anche quest’anno con lei. Non ci saranno le grandi celebrazioni dei 100 anni, ma sarà tutt’altro che un compleanno inosservato: biglietti di auguri, messaggi di posta elettronica e telefonate stanno arrivando numerosi a casa del Nobel già in questi giorni, anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso alla senatrice Rita Levi Montalcini, attraverso una nota ufficiale, i piu’ affettuosi auguri per il suo compleanno.
Le sue condizioni di salute sono soddisfacenti: nonostante l’aspetto minuto e fragile ha una fibra d’acciaio che le ha fatto superare molto bene l’infortunio che poco più di due anni fa le ha causato la rottura del femore, costringendola a un intervento chirurgico e ad una lunga convalescenza.
Rita Levi Montalcini trascorre in casa la maggior parte delle giornate, ma non si annoia. Continua a ricevere le persone che le sono più vicine, i suoi collaboratori più stretti.
Si tiene informata su quanto accade in Italia e nel mondo e soprattutto continua a seguire, seppure a distanza, gli sviluppi delle ricerche in corso nella “sua creatura”, l’Istituto europeo di ricerche sul cervello (Ebri), la cui attività segna il coronamento della sua lunghissima carriera scientifica. E’ in questo laboratorio, infatti, che stanno prendendo forma gli sviluppi delle ricerche sul fattore di crescita delle cellule nervose (Ngf), che Rita Levi Montalcini ha scoperto all’inizio della sua carriera e che nel 1986 l’ha portata al Nobel. E’ soprattutto l’Ebri che la “signora d’acciaio della ricerca” va a visitare le rare volte in cui esce.
Lì ha modo di incontrare tanti giovani ricercatori. “E’ ancora una forza motrice per i giovani che lavorano all’Ebri, nei quali incute sempre più entusiasmo”, dicono di lei i suoi collaboratori. “Senza dubbio – aggiungono – la passione per la ricerca è stata il motore della vita della professoressa e continua ad esserlo. E’ più che mai convinta che il lavoro del ricercatore sia uno dei più belli che si possano fare”.
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