Pochi manifestanti hanno sfilato in cortei “vietati” nel centro della città. Tutte le strade e l’area intorno alla Prefettura, per ordine del questore Enzo Mangini, erano delimitate da transenne e sorvegliate da un imponente schieramento di circa 400 uomini delle forze dell’ordine. Una vera e propria «zona rossa» per evitare che vi fossero tensioni.
Pochi manifestanti hanno sfilato in cortei “vietati” nel centro della città. Tutte le strade e l’area intorno alla Prefettura, per ordine del questore Enzo Mangini, erano delimitate da transenne e sorvegliate da un imponente schieramento di circa 400 uomini delle forze dell’ordine. Una vera e propria «zona rossa» per evitare che vi fossero tensioni.
I manifestanti, molti meno di quanto ci si aspettava, riuniti in piazza Immacolata, più volte hanno scandito il nome del gip Todisco, fischiando, invece, il presidente della Regione Vendola e il Ministro Clini.
Taranto una città come qualsiasi altra, e non certo per l’inquinamento (oltre l’80% della diossina prodotta in Italia parte dai cieli di Taranto), non certo per il numero di tumori o malattie infantili, i cui dati sono mascherati o peggio ignorati, Taranto si è dimostrata una città (ma vista la portata dei danni sarebbe meglio parlare di provincia) come tutte le altre: nel momento in cui si decide del proprio futuro, i tarantini, italiani doc, stavano alla finestra a guardare, o peggio, come si ipotizzava in piazza visto il periodo, in spiaggia, approfittando del fatto che con l’Ilva “spenta”, l’aria e il mare fossero temporaneamente più puliti.
Fotografi, televisioni e giornalisti erano pronti ad un evento storico per la città: i tarantini avrebbero dimostrato, numerosi, di voler decidere autonomamente del proprio futuro: un numero maggiore di persone non avrebbe certo causato l’immediato smantellamento dell’Ilva, ma forse avrebbe aiutato gridare più forte quello che ora purtroppo riesce solo ad essere sussurrato.
Ma nel frattempo, il neopresidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, illustrava appunto i suoi progetti per la riqualificazione dello stabilimento siderurgico dopo il vertice con i ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, Corrado Clini e Corrado Passera: 146 milioni per la bonifica ambientale e per adeguare gli impianti esistenti messi a disposizione dall’Ilva destinati quindi ad attuare quanto previsto dalla Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata nell’agosto 2011 dall’allora ministro Prestigiacomo. «In particolar modo per la riduzione delle emissioni nei punti più critici del processo, ovvero polvere e benzopirene» ha spiegato Ferrante.
Ma altri fondi saranno necessari per ottenere la nuova Aia (di cui si inizierà a parare già lunedì a Roma): «L’obiettivo è di concludere l’iter entro la fine di settembre. La nuova Aia – ha affermato Clini – recepisce come riferimenti le disposizioni europee sulle migliori tecnologie disponibili, tutte le prescrizioni del gip di Taranto, le indicazioni della Regione Puglia e infine tiene conto delle decisioni del Tar».
Tempi lunghi quindi, per sapere quante vite varrà in futuro un chilo di acciao prodotto in Italia.
GC
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