Con il Risorgimento è successo: “L’Italia s’è desta”. Ma oggi “il Paese sonnecchia, deve svegliarsi” esclama Giuseppe Marchetti Tricamo. Tra bandiere originali che hanno segnato la storia d’Italia dall’ottocento, busti e ritratti impreziositi dalle cornici d’epoca di Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, Marchetti Tricamo ne parla all’Associazione Aicras, nel quartiere Testaccio a Roma, presentando il suo libro pubblicato da Cairo Editore e intitolato con le parole dell’inno d’Italia di Goffredo Mameli, appunto “L’Italia s’è desta”.
Con il Risorgimento è successo: “L’Italia s’è desta”. Ma oggi “il Paese sonnecchia, deve svegliarsi” esclama Giuseppe Marchetti Tricamo. Tra bandiere originali che hanno segnato la storia d’Italia dall’ottocento, busti e ritratti impreziositi dalle cornici d’epoca di Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, Marchetti Tricamo ne parla all’Associazione Aicras, nel quartiere Testaccio a Roma, presentando il suo libro pubblicato da Cairo Editore e intitolato con le parole dell’inno d’Italia di Goffredo Mameli, appunto “L’Italia s’è desta”.
Lo stesso tormentato cammino di Mameli, dopo la morte avvenuta a 22 anni difendendo la Repubblica Romana, ricostruito nel corso della conversazione guidata da Roberto Ippolito, autore a sua volta di “Il Bel Paese maltrattato”, Bompiani, sembra sollecitare l’esigenza di una scossa per l’Italia di oggi. Marchetti Tricamo (autore con Andrea Zagami e Tarquinio Maiorino) osserva che “Mameli soffrì per l’Italia anche dopo aver perso la vita per l’unità: “<Fratelli d’Italia> diventò l’inno ufficiale dell’Italia 87 anni dopo la spedizione dei Mille e i funerali solenni di Mameli si svolsero 23 anni dopo la morte”.
E dunque “l’Italia deve saper leggere la propria storia, deve saper rendere omaggio a chi l’ha animata, deve ritrovare la via della coesione nazionale”. L’inno e la bandiera, le cui storie appassionanti sono documentate con il rigoroso lavoro di ricerca alla base del libro “L’Italia s’è desta”, possono essere il punto di riferimento per una nuova forte solidarietà nazionale insidiata “dagli interessi locali particolari, dal leghismo” e anche, secondo Marchetti Tricamo, “dalle tendenze meridionaliste neoborboniche affiorate”. Tendenze che non tengono conto dello “straordinario apporto all’unità da parte del Sud”.
Fra le bandiere visibili nella sala dell’incontro anche il primo tricolore della carboneria che era azzurro rosso e nero. Una testimonianza importante, ma anche l’occasione per far presente che “tuttavia Giuseppe Mazzini” fondando la Giovane Italia nel 1831 scrisse nello statuto “che la bandiera sarebbe stata quella con i colori italiani, la stessa” sventolata dopo il 1797 in Emilia e nella Repubblica Cisalpina”. Molte curiosità sull’evoluzione dell’uso del bianco, del rosso e del verde collocati anche orizzontalmente.
Insieme alle storie degli eroi e di quelle infinite della gente comune protagonista del Risorgimento, due nomi che caratterizzano questi anni per l’attenzione all’unità d’Italia l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e il capo dello stato Giorgio Napolitano, come afferma Marchetti Tricamo: “Grazie a loro l’inno e la bandiera sono tornati di moda”. A Roberto Ippolito che sottolinea “l’esigenza di un forte impegno civile per la riscossa del paese”, Marchetti Tricami osserva poi che “c’è un’Italia che non elude i propri doveri, è più di numerosa di quanto appaia e può crescere. L’Italia si può destare!”.
G. Currado
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