Il grande regista, produttore ed attore americano avrebbe ottantacinque anni.
“Joe Bass l’implacabile”, “Ardenne 44, un inferno”, “Non si uccidono così anche i cavalli?”, “Corvo rosso… non avrai il mio scalpo!”, “I tre giorni del Condor”, “Il cavaliere elettrico”, “Diritto di cronaca”, “Tootsie”, “Il socio”, “The Interpreter”. Questi e molti altri i film diretti da Sydney Pollack.
«Nei film quel che mi affascina è la ricerca del carattere umano, della pace, della tranquillità e della priorità dell’esistenza rispetto al resto. È l’unica ragione per cui faccio film. Io guardo i film degli altri, e magari mi piacciono: solo, io non saprei mai farli così» (Sydney Pollack)
«Elegante ed eufemistico, Pollack non è un regista dei nostri anni. Amante di Kazan e Stevens, non può non trovarsi fuori posto in un mondo che ha dimenticato il senso delle proporzioni, del corpo, dell’umanesimo, e naturalmente dei sentimenti. Per sua stessa dichiarazione, scava i generi dall’interno, senza radicalizzare alcunché; i suoi esperimenti sono costruiti sulla grazia della composizione, non sulla giustapposizione degli incongrui. Autore attratto dall’obliquità, l’odierno cinema dell’effettistica e della spettacolarità non può che essergli estraneo» (Franco La Polla in Franco La Polla – a cura di -, Sydney Pollack. Cineasta e gentiluomo, Lindau, Torino 1997)
Nato a Lafayette – nell’Indiana – nel 1934 (muore a Los Angeles nel maggio 2008 all’età di settantatré anni, quando era ancora in piena attività su vari fronti), già attore sul piccolo schermo (compreso The Contest For Aaron Gold -1960, diretto da Norman Lloyd – episodio della serie Alfred Hitchcock Presents) , attore esordiente (insieme a Robert Redford) in Caccia di guerra (1962) di David Sanders, esordisce con personalità nella regia cinematografica fra melodramma psicologico (La vita corre sul filo – 1965 -, con Sidney Poitier, Anne Bancroft e Telly Savalas) ed affresco sociale d’ispirazione letteraria (Questa ragazza è di tutti – 1966 -, tratto da Tennessee Williams ed interpretato da Nathalie Wood e Robert Redford)
Acuto esploratore dei generi, sfrutta le loro caratteristiche peculiari in chiave metaforica. E così il western picaresco sottende il confronto razziale (Joe Bass, l’implacabile – 1968 -, con Burt Lancaster, Ossie Davis, Shelley Winters e Telly Savalas); il film bellico, anche attraverso la stilizzazione figurativa, richiama il drammatico confronto di valori imposto dalla guerra (Ardenne 44, un inferno – 1969 -, con Burt Lancaster, Patrick O’ Neal e Jean-Pierre Aumont); lo sguardo insistito su un rito sociale del passato, nella sua dimensione di angosciante claustrofobia, rinvia alla condizione culturale del presente (il drammatico Non si uccidono così anche i cavalli? – 1969 -, interpretato da Jane Fonda, Michael Sarrazin e Susannah York e che segna la vera affermazione del Pollack regista).
Dirigendo l’amico Robert Redford (otto film nei circa venticinque anni compresi fra il ’66 ed il ’90), maschera del progressismo americano degli anni Settanta, è fra i pionieri del western filoindiano ed antimilitarista (Corvo rosso… non avrai il mio scalpo! – 1972 -, considerato quasi all’unanimità – insieme a Ucciderò Willy Kid di Abraham Polonsky, Un uomo chiamato cavallo di Elliott Silverstein, Piccolo grande uomo di Arthur Penn, Soldato blu di Ralph Nelson e Uomo bianco… va col tuo Dio! Di Richard C. Sarafian – come uno fra i migliori western della cosiddetta New Hollywood di fine anni Sessanta/inizio Settanta) così come nello sguardo “di sinistra” sulla storia americana dagli anni Trenta ai Cinquanta (ovvero da Roosevelt fino al maccartismo) attraverso la fusione fra amore e politica (Come eravamo – 1973 -, con Barbra Streisand e Robert Redford).
Negli anni successivi percorre il thriller spionistico di denuncia (il celeberrimoI tre giorni del Condor – 1975 -, tratto dal libro di James Grady I sei giorni del Condor ed interpretato da Robert Redford, Faye Dunaway, Max von Sydow, Cliff Robertson e John Houseman) o attualizza il western in chiave crepuscolare (l’ottimo – e purtroppo ingiustamente sottovalutato – Il cavaliere elettrico – 1979 -, con Robert Redford, Jane Fonda e John Saxon), mentre diventa produttore dei suoi film a partire da opere “sotto le righe” (Yakuza – 1975 -, con Robert Mitchum e Brian Keith, Un attimo, una vita – 1977 -, tratto dal libro di Eric Marie Remarque Il cielo non ha preferenze ed interpretato da Al Pacino e Marthe Keller).
Diritto di cronaca (1981), interpretato da Paul Newman, Sally Field, Bob Balaban e Melinda Dillon, è giustamente considerato (insieme a Quarto potere di Orson Welles, L’asso nella manica di Billy Wilder, L’ultima minaccia di Richard Brooks, Un volto nella folla di Elia Kazan, Prima pagina di B. Wilder, Quinto potere di Sidney Lumet, Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula e Sotto tiro di Roger Spottiswoode) come uno fra i migliori film americani sul giornalismo mai realizzati.
Gli anni Ottanta lo rivelano nella commedia al vetriolo (Tootsie -1982 -, con Dustin Hoffman e Candice Bergen), ma anche in film più “accademici” (La mia Africa – 1985 -, tratto dal libro omonimo di Karen Blixen ed interpretato da Meryl Streep e Robert Redford), sia pur con grande autenticità di fondo.
Leggermente meno “a fuoco” nelle storie sentimentali tormentate (Havana – 1990 -, con Robert Redford e Lena Olin; Destini incrociati – 1999 -, con Kristin Scott Thomas e Harrison Ford) e nel thriller (Il socio – 1993 -, tratto dal libro omonimo di John Grisham ed interpretato da Tom Cruise e Gene Hackman), dopo Sabrina (1995, con Julia Ormond, Harrison Ford, Greg Kinnear, Fanny Ardant, Angie Dickinson e Richard Crenna), elegante remake del celebre film omonimo (1954) di Billy Wilder con Audrey Hepburn, Humphrey Bogart, William Holden e Martha Hyer, a partire dagli anni Novanta mette a segno una serie di ottime prove da attore (Mariti e mogli – 1992 – di e con Woody Allen, I protagonisti – 1992 – di Robert Altman) culminate in Eyes Wide Shut (1999), ultimo film di Stanley Kubrick, e felici intuizioni da produttore (I favolosi Baker – 1989 – e Omicidi di provincia – 1993 -, entrambi diretti da Steve Kloves o la commedia Sliding Doors – 1998 – di Peter Howitt).
Il suo ritorno alla regia (purtroppo sarà l’ultima) è sotto il segno del thriller (The Interpreter – 2005 -, con Nicole Kidman e Sean Penn, per cui ottiene il permesso di girare alcune scene all’interno del palazzo nelle Nazioni Unite a New York – permesso che, alla fine degli anni Cinquanta, era stato rifiutato ad Alfred Hitchcock per il celebre Intrigo internazionale), così come la produzione diMichael Clayton (2007) di Tony Gilroy, con George Clooney, Tilda Swinton e Tom Wilkinson, uno fra e più riusciti legal movie d’impronta classica degli ultimi quindici/vent’anni (poco ha da invidiare ai grandi film di registi quali Sidney Lumet, Stanley Kramer, Robert Mulligan, Alan J. Pakula e dello stesso S. Pollack) in cui appare anche come attore (in un ruolo molto incisivo).
Fra gli altri film da lui prodotti ricordiamo Accordi sul palcoscenico (1980) di Jerry Schatzberg, Successo alle stelle (1984) di Alan Rudolph, Le mille luci di New York (1988) di James Bridges, Presunto innocente (1990) di Alan J. Pakula, tratto dal libro omonimo di Scott Turow, Sua maestà viene da Las Vegas (1991) di David S. Ward, L’altro delitto (1991) di Kenneth Branagh, Fuga per un sogno (1992) di Edward Zwick, In cerca di Bobby Fischer (1993) di Stever Zaillan, Ragione e sentimento (1996) di Ang Lee, tratto dal romanzo omonimo di Jane Austen, Il talento di Mr Ripley (1998) di Anthony Minghella, Una notte per decidere (2000) di Philip Haas, Blow Dry (2001) di Paddy Breathnach, Birthday Girl (2001) di Jez Butterworth, Heaven (2002) di Tom Twyker, The Quiet American (2002) di Philip Noyce, Ritorno a Cold Mountain (2003) di Anthony Minghella, Forty Shades of Blue (2005) di Ira Sachs,Catch a Fire (2006 di Philip Noyce, Complicità e sospetti (2006) di Anthony Minghella, The Reader – A voce alta (2008) di Stephen Daldry, Margaret (2011) di Kenneth Lonergan, uscito tre anni dopo la sua scomparsa.
Da attore è apparso anche in La morte ti fa bella (1992) di Robert Zemeckis, A Civil Action (1998) di Steven Zaillan, Ipotesi di reato (2002) di Roger Mitchell, Un po’ per caso, un po’ per desiderio (2006) di Danièle Thompson, Un amore di testimone (2008) di Paul Weiland.
Ad ulteriore conferma e dimostrazione del suo eclettismo, della sua indole “di multiforme ingegno” e della sua notevole intelligenza, impossibile non citare il fatto che Sydney Pollack, per oltre trent’anni, è stato attivo sia nella promozione dei nuovi talenti cinematografici sia, nello stesso tempo, nella preservazione dei grandi capolavori del passato (è stato membro fondatore del Sundance Institute di Robert Redford ed anche della Film Foundation di Martin Scorsese).